Quattro passi tra ragione ed emozione


Nella nostra esperienza quotidiana l’emotività determina, a buon diritto e ben amministrata, i processi di scelta. Le decisioni che prendiamo, anche quando sono rilevanti e riguardano aspetti che mobilitano affetti ed emozioni (per esempio nell’educazione dei figli) non sono infatti basate né esclusivamente né prioritariamente sulla razionalità.

In realtà, siamo davvero padroni delle situazioni quando riusciamo a bilanciare dimensione emotiva e analisi razionale.

In ambito professionale tuttavia, e in particolare in quello medico, le emozioni sono bandite, sulla base del presupposto sottinteso che la partecipazione emotiva inficerebbe scelte razionalmente fondate. Le emozioni andrebbero quindi tenute a bada, imbrigliate dalla mano sicura della razionalità, quasi si temesse che, aprendo un varco di legittimità, prendano il sopravvento privandoci della capacità di assumere decisioni corrette: una singolare irruzione del pensiero magico, come se bastasse ignorarle o negarle per depurare i nostri comportamenti dalla loro interferenza.

Colpisce in particolare che i professionisti sanitari, esposti giornalmente alla sofferenza fisica e morale, non abbiano un supporto, né formativo né psicologico, che collabori a un confronto equilibrato con le inevitabili reazioni che tale esposizione suscita naturalmente nella persona. Ciò va in direzione contraria alla costruzione di quel rapporto empatico fra medico e paziente che pur si riconosce come elemento fondamentale del percorso di cura. Questa vistosa mancanza conferma gli operatori del settore nell’ortodossia scientista della prassi medica, relegando nella semiclandestinità della sfera privata la gestione della relazione umana e delle sue implicazioni emotive. Il burnout rappresenta la risposta più a portata di mano, ma non certo la più proficua.

Il nostro simposio del 2019 si è posto come un contributo per un approccio razionale agli aspetti emotivi e allo sforzo di ricondurli all’interno della cornice professionale del sapere medico (e della prassi che ne discende) che a dispetto della deriva materialista trova la sua collocazione naturale nelle humanities.

Ne abbiamo parlato il 17 aprile in compagnia di Paola Arcadi, infermiera e docente, e di Andrea Buzzi. La mattinata di lavori si è conclusa con la lettura, dalla voce di Alessandro Marchello, di un’intensa testimonianza arrivata dalla nostra attività quotidiana che ha rappresentato la complessa e delicata trama emotiva su cui si intesse la vita di chi si confronta con l’emofilia dovendo in ogni minuto della sua giornata trovare la misura aurea fra l’ascolto delle emozioni e la necessità, talvolta l’impellenza di scelte e decisioni.

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