17 maggio 2016


Lo scorso mese di aprile è stato predisposto il Documento di Economia e Finanza (DEF) dal Governo che proprio in questi giorni dovrebbe ottenere il via libera dall’Unione Europea. Il documento è il principale strumento della programmazione economico-finanziaria del nostro Paese, in quanto indica la strategia economica e di finanza pubblica per il prossimo anno solare e in previsione per quelli successivi.

Un interessante articolo su Saluteinternazionale di Nerina Dirindin – qualcuno se la ricorderà alla nostra Giornata mondiale dell’emofilia lo scorso anno – e di Enza Caruso, mette l’accento sulle misure contenute nel DEF riguardanti il settore sanitario.

Senza entrare nei dettagli dei “numeri”, per i quali rimandiamo alla lettura dell’articolo originale, il DEF afferma che il Governo è impegnato “a mantenere e consolidare i risultati qualitativi raggiunti e a migliorare la razionalità della spesa”. In termini previsionali, esplicita il documento, la spesa sanitaria dovrebbe aumentare dello 0,9% nel 2016 per rapporto al 2015, mentre negli anni successivi si assisterebbe ancora a una crescita, ma inferiore.

L’articolo di Saluteinternazionale sottolinea alcuni elementi critici contenuti nel DEF 2016 che impongono un’importante riflessione:

  • i dati riferiti al 2015 evidenziano le difficoltà del SSN a comprimere la spesa. Senza un’adeguata strategia di lungo termine i costi continuano a crescere;
  • le Regioni faticano ad assumersi in prima persona gli oneri e le responsabilità del settore sanitario;
  • vi è un’assenza della politica del personale sanitario a medio e lungo termine, in quanto i piani di rientro e riduzione dei costi da parte delle Aziende sanitarie potrebbero rivelarsi un serio problema se non accompagnati da chiare idee di riallocazione delle risorse professionali all’interno delle strutture sanitarie;
  • mancano dei piani di investimento nell’edilizia e nelle tecnologie sanitarie, intesi anche come interventi di manutenzione e di ammodernamento delle strutture esistenti, in grado, tra l’altro, di creare nuova occupazione e un volano economico non indifferente.

Il DEF 2016, conclude l’articolo, non sembra contenere gli elementi utili per il superamento di queste difficoltà, e il rischio è che cresca il timore – in alcuni casi già una realtà – di non poter più avere servizi sanitari adeguati per tutti.

 

Leggi l’articolo su Saluteinternazionale

19 maggio 2015


La Senatrice Nerina Dirindin, che ricorderete è stata protagonista al nostro convegno annuale in occasione della Giornata mondiale dell’emofilia, ha scritto la scorsa settimana un interessante articolo su “Saluteinternazionale” per illustrare le problematiche relative alla nuova contrazione della spesa della sanità pubblica, inserite nel Documento di Economia e Finanza, approvato dal Parlamento il 23 aprile scorso.

In questo importante documento di programmazione, la spesa sanitaria scenderà dal 6,8% sul PIL nel 2015 al 6,5 nel 2019. Questa posizione conferma la scarsa attenzione dedicata alle politiche di tutela della salute dai nostri Governi nazionali di questi ultimi anni: alla sanità pubblica sono state infatti imposte restrizioni superiori a quelle previste per gli altri settori della Pubblica Amministrazione. E ciò è avvenuto nonostante il nostro sistema sanitario sia considerato da tutti gli osservatori internazionali uno dei meno costosi e tra i più efficaci d’Europa.

Per il futuro – spiega la Dirindin nell’articolo – non ci si può che aspettare un drastico peggioramento della posizione italiana nel panorama dei sistemi sanitari europei, con una riduzione dell’offerta di servizi e un peggioramento della qualità dell’assistenza”.

E questo ci fa molto preoccupare!

E l’allarme della Senatrice Dirindin però va oltre: infatti, se la spesa per i servizi sanitari dovesse continuare a diminuire il rischio sarebbe di perdere il nostro “sistema di protezione universale”, andando di fatto verso una progressiva privatizzazione del servizio, con il pericolo concreto di esclusione di una larga fascia di pazienti, che non avrebbero i mezzi economici per potersi far curare a pagamento.

Di questi temi ne abbiamo già discusso in molteplici occasioni, dai simposi annuali agli articoli pubblicati sulla newsletter, ma riteniamo sia molto importante tenere alta la guardia per capire e controllare cosa sta succedendo. Non possiamo neanche pensare che si possa interrompere quello che c’è di estremamente positivo nel nostro Sistema sanitario nazionale e che in pochi anni ci sia il rischio di vedere sfumato un diritto alle cure che è il pilastro fondante di una società evoluta.

Vigileremo e cercheremo di opporci in tutti i modi.

Leggi l'articolo della Senatrice Dirindin

27 gennaio 2015


Il “Global Symposium on Health Systems Research”, che si è tenuto in Sud Africa all’inizio dello scorso autunno, è apparentemente un evento di cui non si è parlato. Alla sua terza edizione, dopo quelle di Montreux nel 2010 e di Pechino nel 2012, l’incontro a Città del Capo ha aggregato la comunità scientifica e accademica mondiale impegnata nella ricerca sulle politiche e sui sistemi sanitari.

Sugli oltre 1700 iscritti i nostri connazionali erano solo 3, e tutti arrivati in Sud Africa grazie a contatti internazionali e non direttamente coinvolti dal nostro Paese. E già questo è indicativo del fatto di come un evento di rilevanza internazionale per la gestione dei sistemi sanitari sia stato a tutti gli effetti “dimenticato” in Italia.

Il tema principale del simposio è stato quello per cui Fondazione Paracelso si batte da anni: un sistema sanitario centrato sulla persona. L’incontro ha avuto un taglio aperto e diversificato, lasciando spazio anche a molte posizioni critiche e perfino radicali riguardo la gestione attuale dei sistemi sanitari, in modo particolare nei Paesi più “avanzati”. Per non parlare poi della gestione della sanità in Paesi poveri come quelli africani, dove interessi divergenti continuano a sottrarre risorse alle spese mediche e all’implementazione di un modello che effettivamente possa riuscire a risolvere i gravi problemi di salute del Continente.

Nel corso del simposio è stato criticato l’orientamento, sempre più diffuso, per l’adozione di un sistema sanitario su due livelli, in cui i ricchi pagano servizi privati di qualità – che comunque si possono permettere – mentre lo Stato gestisce pacchetti assistenziali per le fasce più povere – che non possono “scegliere” da chi farsi curare. Seguendo tale ricetta, i risultati in termini di servizio erogato salute collettiva, e di equità, si preannunciano disastrosi. È stato infatti evidenziato come le politiche in favore dei poveri (“pro-poor”) siano in realtà delle “poor policies” (cattive politiche). E questo perché in assenza di risorse adeguate i servizi sono spesso gestiti male, scarsamente finanziati e non sostenuti da quei soggetti che, all’interno della società, potrebbero avere un peso importante.

Purtroppo questi comportamenti sono presenti al Nord come al Sud del Mondo, ed è attualmente un dato di fatto che numerosi sistemi sanitari soffrano di questo approccio.

Le ristrettezze economiche derivanti dalla crisi degli ultimi anni hanno di fatto portato a tagli lineari che hanno avuto come conseguenza pratica il razionamento delle prestazioni per i soggetti più deboli, e la crescita delle prestazioni a pagamento per la classe abbiente. Forse, come è emerso anche sarcasticamente nel corso del simposio, le persone sono state effettivamente messe al centro dei sistemi sanitari… ma non quelle giuste!

Per poter controbilanciare questa tendenza si dovrebbero chiamare in causa i movimenti sociali e le associazioni dei pazienti. Secondo alcuni relatori, infatti, la mobilitazione sociale potrebbe rappresentare la forza necessaria a orientare realmente le politiche di salute verso le persone.

Anche se oggi può apparire difficile, o per certi versi anacronistico, visto quello che sta succedendo a livello europeo (leggi l’articolo sull’epatite C dello scorso numero della newsletter), diventa sempre più importante avviare dei processi di tipo partecipativo, in cui i pazienti e le loro associazioni possano contribuire fattivamente alla definizione di un nuovo modello di gestione della sanità. Una sanità equa a uso di tutti!

5 maggio 2015


In occasione dalla Giornata mondiale dell’Emofilia, Fondazione Paracelso ha organizzato a Milano, il 17 aprile scorso, il convegno “IMPAZIENTI di cambiare”, che ha visto la presenza di esperti, associazioni di pazienti e Istituzioni, per discutere di sanità, di riordino del Sistema Sanitario Nazionale e del ruolo dei pazienti.

È indispensabile ripensare alla medicina – ha affermato Ivan Cavicchi, docente all’Università Tor Vergata di Roma – intervenendo essenzialmente su tre fattori: ripensare all’idea di scienza in primo luogo, modificando la figura del paziente che diventa sempre più esigente, e intervenire sul livello economico, che oggi condiziona troppo le prassi e le necessità. La società richiede una medicina sempre più personalizzata, mentre la sanità, che gestisce e organizza la medicina, sta diventando sempre più impersonale”.

Bisogna andare verso la sostenibilità del Sistema Sanitario – ha spiegato la Senatrice Nerina Dirindinintesa non come scusa per smantellare il sistema. Il problema oggi non è la sostenibilità economica ma quella politica e culturale. Da numerosi studi internazionali il nostro Sistema Sanitario Nazionale è considerato il più equo e il più economico tra quelli dei Paesi avanzati. Perché smantellarlo? È importante riordinare il sistema in maniera coordinata, in particolare da parte delle Regioni”.

L’attenzione al paziente deve essere valutata nel riordino di un sistema sanitario che vuole essere sempre più efficiente – afferma Andrea Buzzi, Presidente di Fondazione Paracelso. Il paziente infatti è portatore di un sapere e di un sentire che va considerato all’interno del rapporto di cura, e purtroppo oggi osserviamo che, molto spesso, il medico non risponde alle esigenze del paziente, ma piuttosto a quelle del suo “datore di lavoro”, cioè le Regioni. Quello che accade va incontro ai portatori degli enormi interessi economici che ruotano intorno ai sistemi sanitari invece che ai portatori di bisogni di salute, come sembrano indicare le ripetute e potenti spinte verso la privatizzazione dei servizi sanitari e la promozione di programmi assicurativi, favoriti da un’aumentata richiesta di partecipazione alla spesa da parte dei cittadini”.

Il dibattito che è seguito alle tre presentazioni di apertura è stato molto interessante e sono emerse alcune posizioni degne di nota.

Per diversi motivi – ha spiegato la Senatrice Emilia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità – il nostro modello è a un bivio: o verso una revisione del modello universalistico o verso un sistema di tipo assicurativo. Purtroppo il mondo della politica in questo momento è disattento alle questioni della sanità e contemporaneamente gli operatori del sistema sono rinchiusi in loro stessi. Personalmente penso che la scelta universalistica debba essere perseguita e migliorata. Una sanità per tutti è più equa”.

Invito Fondazione Paracelso a un percorso condiviso – ha proposto Piefrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano – per cercare di capire come orientare i cittadini verso cure più mirate, necessarie a costruire un migliore benessere per tutti. In quest’ottica abbiamo appena deciso di aprire come Comune di Milano la prima “Casa medica”, destinata ad accogliere diversi medici di base, in un’ottica di facilitazione delle prestazioni per i cittadini”.

Interessanti anche le indicazioni emerse dalle associazioni dei medici e dei pazienti.

Bisogna pensare a lungo termine – ha spiegato Cristina Cassone di FedEmo – riflettendo che non si può solo parlare di limiti economici”.

Gli aspetti economici sono cruciali, – ha affermato Massimo Morfini Past President di AICE – andando avanti così ci troveremmo di fronte alla scelta di dare dei farmaci costosi ad alcuni e ad altri no. È una situazione da cercare di evitare”.

Abbiamo già avviato alcuni importanti progetti di inclusione – ha spiegato Claudio Castegnaro vice-presidente di Fondazione Paracelso – in particolare rivolti ai bambini. E funzionano molto bene! È indispensabile fare rete e ampliare sempre di più i contatti tra i pazienti per permettere un loro pieno riconoscimento e un ruolo da parte dei medici”.

Serious games di Fondazione Paracelso è un progetto modulare, dedicato a pazienti affetti da emofilia. L’idea nasce dall’esperienza e dall’analisi dei cosiddetti Serious games – simulazioni virtuali interattive che utilizzano elementi e dinamiche tipiche del gioco in contesti che nulla hanno a che vedere con esso – per costruire un gioco in cui il paziente affetto da emofilia può eseguire a casa propria gli esercizi indicati dal medico e del fisioterapista.

Uno dei principali problemi per i pazienti emofilici sono infatti le emorragie a livello delle articolazioni, e il corretto esercizio fisico aiuta a irrobustire la muscolatura e a stabilizzare le articolazioni.

Il progetto riprende i concetti base del progetto internazionale REWIRE (Rehabilitative Wayout in Responsive Home Environments), che prevede lo sviluppo di piattaforme per la riabilitazione da installarsi presso le abitazioni dei pazienti, sotto il controllo in remoto da parte dei medici.

L’interfaccia elettronica rende i Serious Games particolarmente adatti ai pazienti giovani, nonché ai più piccoli, che potrebbero giocare/allenarsi con un genitore in un ambiente protetto e conosciuto, dando alla fisioterapia una declinazione “casalinga” (non vado al Centro emofilia ma faccio gli esercizi a casa mia, sul mio tappeto, con il mio papà, la mia mamma e, perché no, con i miei fratelli).

Oltre al divertimento, il gioco permette un’autovalutazione immediata rispetto alla corretta esecuzione degli esercizi e costituisce un’occasione per aggiungere una dimensione ludica alla necessità di una fisioterapia costante, incentivando quindi i pazienti a una maggiore aderenza alle prescrizioni.

Le caratteristiche di questa tipologia di strumenti permettono inoltre la possibilità di un monitoraggio attraverso la rete, anche visivo e in tempo reale, delle performance del paziente da parte del medico o del fisioterapista.  

Questo progetto, oggi nelle sua fase sperimentale e di messa a punto, prevede nei prossimi mesi una fase di test, e sarà in futuro facilmente modulabile e adattabile alle richieste e ai bisogni dei singoli pazienti: ad esempio potrà essere trasformato in un gioco in rete o vedere la costituzione di una community di pazienti/giocatori.

Il progetto Serious games di Fondazione Paracelso vede la collaborazione del Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, per la realizzazione tecnica del pacchetto software con i giochi, e di specialisti ortopedici, fisiatri e fisioterapisti, afferenti al Centro Emofilia “Angelo Bianchi Bonomi” dell’Ospedale Maggiore di Milano.

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