28 settembre 2016


Dal 24 al 28 luglio scorso si è tenuto a Orlando in Florida il XXXII Congresso internazionale della World Federation of Hemophilia (WFH). Tra i circa 6.000 partecipanti provenienti da 125 Paesi c’era anche Fondazione Paracelso, rappresentata dal Presidente Andrea Buzzi e da Giuseppe Ruperto.

Nel corso dell’evento, Luca Negri del Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Milano ha presentato il nostro progetto sulla Resilienza che ha avuto un buon riscontro tra il pubblico; nella sezione dedicata agli aspetti Muscolo-scheletrici abbiamo illustrato, assieme al dottor Piero Solimeno e la dottoressa Eleonora Forneris l’esperienza dei nostri otto maratoneti emofilici alla New York City Marathon dello scorso novembre. Un esempio di come, anche chi è portatore di questa malattia, può raggiungere traguardi difficili e impegnativi.

Il congresso del WFH è stato anche l’occasione per fare il punto sul progetto di aiuti umanitari in corso nello Zambia e per programmare i prossimi passi. La notizia confortante è che rispetto all'inizio del programma, nel 2013, quando erano stati diagnosticati appena 13 pazienti, individuati come emorragici e senza una diagnosi precisa che dicesse se si trattava di emofilia A o B o di von Willebrand, oggi ci sono 70 persone che sanno dare un nome alla malattia da cui sono affette e che ricevono, pur fra mille difficoltà, un'assistenza medica. Siamo felici di aver sottratto 70 persone all'invisibilità.

Tra le altre cose a Orlando si è parlato del primo fattore VIII ricombinante a emivita prolungata che da poco è distribuito anche in Italia. Si tratta di una proteina ricombinante costituita dal fattore VIII della coagulazione connesso al dominio Fc dell’immunoglobulina umana IgG1, e offre una protezione prolungata verso gli episodi emorragici con infusioni endovenose profilattiche praticate ogni 3-5 giorni. “La profilassi, – ha dichiarato Andrea Buzzi in un’intervista su questo farmaco – così come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi, è una sorta di compromesso. Le infusioni si praticano ogni due/tre giorni anche se, per garantire un regime di coagulazione normale, dovrebbero essere ogni 24 ore; l’emivita media delle terapie convenzionali, infatti, è di circa 12 ore. L’altro problema è legato agli adolescenti, alla loro scarsa aderenza terapeutica che espone a un rischio elevato di sanguinamenti e emorragie. E la discontinuità favorisce le emorragie cosiddette subcliniche, causa di importanti danni articolari. Ben vengano, quindi, le nuove terapie a emivita prolungata, che possono solo portare ad un innalzamento della qualità di vita di tutta la comunità emofilica”.

Il prossimo Congresso WFH si terrà nel 2018 a Glasgow, in Gran Bretagna.

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