21 ottobre 2014


Il 2 novembre nel pomeriggio, in occasione dell’evento di apertura del Convegno triennale sull’emofilia organizzato da AICE, è previsto un intervento di Andrea Buzzi, Presidente di Fondazione Paracelso, che sarà centrato sul ruolo del paziente in un momento in cui la medicina sta subendo profondi mutamenti dettati dai cambiamenti in atto nella società.

“La relazione tra medicina e malattia in generale – ci spiega Andrea Buzzi – deve, alla luce del mutato quadro culturale, economico e sociale di questi ultimi anni, essere ripensata se si vuole offrire un servizio adeguato. Le restrizioni di bilancio, gli scandali, le incursioni politico-giudiziarie (il caso Stamina su tutti) o ancora il proliferare di canali informativi incontrollati (sul web si trova di tutto) devono oggi portare a una seria e profonda riflessione sulla medicina.

Anche la stessa EBM – Evidence Based Medicine, medicina basata su prove – vacilla. Logiche estranee alla produzione del sapere hanno trasformato gli studi clinici da metodo di indagine e convalida di ipotesi scientifiche a strumenti di marketing o di nuovi iter amministrativo-burocratici.

Anche l’orientamento verso terapie individualizzate ha portato sì a un’aumentata efficacia terapeutica con un successo clinico, senza però, in molti casi, a un incremento di salute (sperato o atteso), intesa secondo la ben nota definizione dell’OMS come stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia.

In questo quadro la malattia e i malati hanno l’occasione e la necessità di riflette e ripensarsi, cercando un nuovo ruolo, una nuova consapevolezza e un nuovo coinvolgimento nei percorsi clinico-sanitari. Il punto naturalmente è evitare la degenerazione delle idee, la loro riduzione a formule cristallizzate in articoli di legge o a sigle che hanno il rischio di perdere la memoria del concetto originario.

Anche chi spinge per il coinvolgimento dei pazienti nelle fasi di stesura degli studi clinici, dimostrando in linea teorica la correttezza etica del coinvolgimento dei destinatari nelle sperimentazioni e nei trattamenti (che da oggetti si fanno soggetti consapevoli e informati), si prefigura una professionalizzazione del paziente – un territorio impervio e sconosciuto – andando paradossalmente in direzione contraria agli sforzi di ricondurre il paziente al centro della scena.

Per questo, il riequilibrio del sistema non può che basarsi su una rinnovata alleanza fra medico e paziente, portatore il primo di imprescindibili e complessi saperi tecnici, il secondo di istanze individuali di salute, attraverso un "physician empowerment" che richiami lo specialista nell’orbita del paziente, liberandolo da indebite ingerenze dei regolatori e dell’industria nelle scelte terapeutiche.

Serve dunque un medico che sappia ricongiungere il piano scientifico a quello umano, e un paziente formato, informato ed esperto”.

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