1 luglio 2014


L’11° rapporto Censis sulla comunicazione, pubblicato a fine del 2013, fotografa il nostro Paese come sempre più affascinato dai social media, dagli smartphone e dai tablet.

Il 44% degli italiani ha un account su Facebook, il 40% usa regolarmente YouTube e il 10% è iscritto a Twitter. Percentuali, queste, che crescono se si considera il totale degli italiani che usano internet (pari al 63% della popolazione, a fine 2013). In merito al possesso di smartphone e tablet, poi, siamo ai primi posti delle classifiche mondiali, posizione che da anni continuiamo a tenere ben salda.

Smartphone e tablet, grazie al fatto che non sono soltanto semplici telefoni ma veri e propri computer in dimensione ridotta, hanno enormi potenzialità che possono essere sfruttate anche in ambito medico-sanitario: non solo per informare i cittadini/pazienti fornendo servizi basati sulla geo-localizzazione – dove cioè trovare le ASL più vicine, le farmacie, gli ospedali o le strutture sanitarie per specifiche patologie –, ma soprattutto per attivare programmi di promozione della salute, oppure per gestire patologie croniche.

Tra le migliaia di applicazioni a disposizione di chi possiede smartphone o tablet, ne esistono alcune che permettono di tenere sotto controllo il peso modificando gli stili di vita attraverso programmi dietetici o sessioni di esercizio fisico, e altre che, per mezzo di appositi dispositivi, consentono di tenere sotto controllo la glicemia nei pazienti diabetici. E altre ancora stanno uscendo o saranno a disposizione nei prossimi mesi.

Un elemento da tener comunque presente, almeno per le applicazioni più delicate, è che devono essere in qualche modo certificate, per garantire al paziente la tranquillità di operare nella maniera corretta. Negli Stati Uniti, per esempio, dove di recente sono state rese pubbliche le prime linee guida sullo sviluppo delle applicazioni mediche, sono ormai numerose le applicazioni certificate dalla Food and Drug Administration, mentre da noi il problema è ancora poco sentito.

Molto simile è il discorso sui social media (in particolare Facebook e Twitter), sui social network sanitari e sulle comunità online, quelle piattaforme di social networking controllate e dedicate a specifiche patologie/argomenti.

Oltre a questi strumenti a disposizione dei pazienti, un uso che può essere fatto delle nuove tecnologie è il monitoraggio a distanza delle malattie croniche, per mettere direttamente in contatto malati e medici. Concetti come home care ed e-therapy possono prevedere l’uso di sensori non invasi in grado di raccogliere automaticamente parametri semplici quali la glicemia, la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il peso corporeo, oppure più complicati come il tracciato elettrocardiografico, che possono essere trasmessi al medico o all’ospedale attraverso smartphone, tablet, sms e piattaforme web per attivare un monitoraggio anche in tempo reale.

Che gli strumenti siano social oppure non social, ciò che interessa al paziente è di avere un ruolo più attivo nei network di assistenza anche attraverso il confronto delle proprie esperienze con quelle altrui e una maggior capacità di controllo sulle proprie condizioni di salute. In una sola parola ciò che gli interessa è avere maggiore empowerment.

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